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Consumi Horeca: autunno in calo?

Conclusasi una delle estati più “pazze” di sempre: bene turismo e consumi fuoricasa, meno bene i prodotti che mancavano. Ci si appresta ad una stagione autunnale che è tutta un punto interrogativo.

Non è facile in quest’era post-pandemica - alla quale si aggiungono la crisi internazionale dovuta al conflitto Russo Ucraino, la crisi economica, quella energetica (con conseguente inflazione) - interpretare i comportamenti e le dinamiche dei consumi fuoricasa per trarre un’indicazione su quelle che sono le opportunità nel mercato fuori casa. Cominciamo a ragionare su alcune analisi: un’indagine NPD ha rilevato il percepito sulla situazione finanziaria futura dei consumatori e, il 34% degli intervistati, ci dice che ha la sensazione che la situazione finanziaria personale tenderà a peggiorare da qui ai prossimi mesi, l’80-84% dei consumatori denuncia un aumento dei prezzi all’interno della ristorazione. 

Alla domanda: “quali sono le attività che intendono ridurre o alle quali devono rinunciare a fronte di un aumento dei prezzi”, un terzo degli intervistati ha detto che ridurrà le spese presso ristoranti, bar e caffetterie; gli altri due terzi, invece, hanno dichiarato che non rinunceranno a frequentare bar e ristoranti, tuttavia il 50% di costoro adotterà, nella scelta del luogo, strategie differenti, come per esempio la ricerca di promozioni presso il proprio ristorante o in un ristorante diverso da quello abituale.
Quindi, ci troviamo difronte a un autunno in frenata per quanto riguarda i consumi.
Una conferma giunge dal recente Rapporto Coop che stima, per effetto dell’inflazione e dei rincari energetici, la perdita media del potere di acquisto di 2.300 euro a famiglia nel 2022, 1.100 euro la perdita media pro-capite.
Un salasso che riduce la voglia anche di fuoricasa?

Pare proprio di sì. Sempre secondo il Rapporto Coop 16,9 milioni di italiani nei prossimi 6/12 mesi cercheranno di tagliare le spese in bar e ristoranti. Gli operatori del fuoricasa si troveranno di fronte, quindi, un consumatore che ci penserà due volte prima di entrare in un ristorante, un consumatore molto più razionale nelle proprie scelte dove, però, la razionalità non deve essere vista con un’accezione negativa, perché la ponderatezza contiene delle opportunità come è dimostrato dalle lezioni impartite dalla crisi che abbiamo affrontato in passato. Infatti, è stato ampiamente rilevato che nel momento in cui si manifesta una riduzione di frequenza presso ristoranti e bar, vi è di riflesso un aumento della spesa presso gli stessi bar e ristoranti, ovvero il consumatore si reca di meno al ristorante, ma quando decide di andarci è per godere fino in fondo dell’esperienza.

E, partendo da questo concetto, elenchiamo quali sono i 6 punti chiave che un ristoratore potrà mettere in campo per difendere il suo fatturato, 6 suggerimenti per competere sul mercato. Il ristorante di successo del futuro deve:
  1. Offrire esperienzalità, nel senso di non vendere solo cibo, ma un’esperienza.
  2. Deve in qualche modo ibridarsi, cioè offrire più di un servizio, ad esempio attrezzarsi per il take away - strategia utile per abbassare il rischio di impresa - e aprire a un pubblico più ampio.
  3. Diminuire lo spreco alimentare e puntare su prodotti green.
  4. Lavorare sul proprio posizionamento identitario.
  5. Garantire sempre ai clienti qualità e comfort.
  6. Operare nella gestione con strategie di marketing basate sui numeri.
Anche la distribuzione deve pianificare le opportune strategie per affrontare un periodo assolutamente unico in un mercato, come abbiamo visto, sempre molto competitivo.
Il presidio logistico con il quale il distributore di bevande ha reso negli anni solido il suo business resta sempre fondamentale ma non più sufficiente da solo.
Servizi evoluti, assortimenti esclusivi, tecnologia: questi sono gli asset. Porsi e proporsi al mercato con servizi esclusivi e gamme specialistiche, ampie ed esclusive consolida il ruolo del grossista come fornitore di servizi e cultura di prodotto, e sposta la competizione oltre la logica del “prezzo”.
Il distributore assume e fortifica il ruolo di scouting e fine propositore, in buona sostanza di innovatore.

TECNOLOGIA
Con l’avvento dell’e-commerce in rapida crescita e, soprattutto, con l’entrata in campo (anche nell’Horeca e Food&Beverage) delle Big Tech, i timori che il mercato della distribuzione Horeca possa essere fagocitato dai colossi di internet, è nelle preoccupazioni di molti distributori.
C’è da preoccuparsi, ma non eccessivamente, il canale Horeca è e resta un canale di relazioni e rapporti umani e fiduciari, esercizio nel quale i nostri distributori e i loro agenti sono molto bravi.
Ora, pensare che l’e-commerce possa soppiantare questa dimensione umana, è alquanto utopistico considerando anche che l’offerta Food&Beverage per l’Horeca, almeno in Italia, muta da regione a regione, se non addirittura da provincia a provincia, ed ogni territorio richiedi prodotti e servizi peculiari.

Il mondo Horeca italiano non è massificabile, tuttavia il fenomeno non va trascurato, anzi, nei limiti del possibile va sfruttato e adattato alle esigenze della distribuzione cosiddetta tradizionale.
Partiamo da una certezza: non può esistere, almeno nel settore del Food&Beverage, un’azienda commerciale esclusivamente digital. Un esempio ci viene del resto dal colosso Amazon che ha acquistato una catena di supermercati constatando che solo con il digital oltre una certa soglia non arrivi. I distributori sono chiamati ad un percorso inverso, partire dalla dimensione fisica nella quale sono consolidati e affiancare armonicamente un’opportuna e complementare dimensione digital in linea con le loro strategie e dinamiche commerciali, facendo sì che le due entità - fisica e digitale - si completino armonicamente tra loro. In altri termini, e per usare un termine appropriato, bisogna diventare Phigital. In tal senso ci sono già delle sperimentazioni abbastanza interessanti come alcuni marketplace dedicati ai punti di consumo con i quali il distributore, o i gruppi di distribuzione, completano e rafforzano la loro presenza (fisica) sul mercato e sui loro diversi territori.

Drink style, la rivista

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