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Estate amara per il beverage: «Serve reagire subito e fare fronte comune»

Ne parliamo con Luigi Cetrangolo, General Manager di U.DI.AL.

D.: Direttore, che estate è stata per la distribuzione beverage?

R.: «L’estate ha rappresentato un banco di prova particolarmente difficile. Abbiamo registrato una diminuzione dei consumi, dovuta principalmente all’aumento del carovita e alle conseguenze di un’inflazione crescente. Questo ha inciso pesantemente sui flussi commerciali, riducendo le opportunità di vendita e comprimendo i margini di profitto. A questo si è aggiunta la diffidenza, ancora persistente, dei consumatori nei confronti delle bevande alcoliche».

D.: Quali altre criticità hanno pesato sul comparto?
R.: «Un tema che ci preoccupa molto riguarda la categoria dell’acqua minerale, oggi insidiata dalla crescente diffusione dell’acqua trattata di rubinetto nei ristoranti. È un fenomeno che ha già sottratto consumi al bar e che ora si sta estendendo anche ai ristoranti e alle famiglie. A questo proposito rivolgo un appello all’industria dell’acqua minerale affinché si attivi con iniziative concrete per contrastare una tendenza che rischia di penalizzare un intero comparto. Un’altra criticità riguarda il comportamento di alcuni operatori dell’Ho.Re.Ca. che applicano prezzi di vendita eccessivi, generando sfiducia tra i consumatori. È una dinamica da non sottovalutare perché mina la fiducia e la stabilità del mercato, oltre a limitare i consumi. Infatti, le recenti statistiche di agosto ci dicono che diminuiscono le vendite a volume e aumentano quelle a valore, segno evidente che con i prezzi al consumo i gestori hanno alzato di molto l’asticella».

D.: C’è poi il tema della concorrenza sleale, più volte sollevato dal Consorzio. Ce ne può parlare?
R.: «Sì, si tratta di una questione seria che non riguarda solo la Sicilia - da dove è stato lanciato l’allarme - ma anche altre regioni italiane. Abbiamo assistito a una rapida diffusione di punti vendita etnici, spesso gestiti da cittadini provenienti dal Bangladesh. Inizialmente si trattava di piccoli esercizi, ma oggi molti di loro si sono trasformati in veri e propri centri di distribuzione con assortimenti ampi - soprattutto di superalcolici - e si pongono in concorrenza diretta con i grossisti strutturati. Tengo a precisare che non è una questione etnica, bensì economica e organizzativa. Queste attività spesso operano con logiche che non rispettano le stesse regole fiscali e contrattuali cui siamo sottoposti noi distributori e, non di rado, cambiano ragione sociale con cadenza quinquennale per eludere i controlli».

D.: Qual è il ruolo delle aziende produttrici in questo scenario?
R.: «Purtroppo alcune aziende hanno concesso a queste realtà codici diretti di fornitura, aggravando ulteriormente la situazione e indebolendo le strutture distributive organizzate che, invece, hanno garantito continuità, qualità e valore sociale nel tempo. Per questo rivolgiamo un appello ai nostri partner: chiediamo maggiore attenzione e politiche distributive che tutelino chi ha investito in reti solide e trasparenti».

D.: Quali prospettive vede per il futuro del settore?
R.: «Nonostante le difficoltà, restiamo fiduciosi. Il fenomeno della concorrenza sleale è complesso da arrestare, ma con il sostegno delle aziende produttrici possiamo limitarne gli effetti e ristabilire condizioni di concorrenza più eque. Una nuova stagione è già alle porte: occorre saper leggere i cambiamenti, rafforzare i rapporti con i clienti e investire in nuove proposte. Il Consorzio U.DI.AL. sta già lavorando alle linee guida per il nuovo anno: abbiamo ben chiari i problemi, ma anche una forte determinazione ad affrontarli. Crediamo che la resilienza e la capacità di adattamento del nostro settore saranno le chiavi per tornare a crescere».

Drink style, la rivista

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